SMETAK PARA QUEM SOUBER

  Augusto de Campos



Anton Walter Smetak, svizzero che adottò il Brasile nel 1937, stabilendosi nella regione di Bahia a partire dal 1957, nacque nel 1913. È un anno più giovane di Cage. Il suo primo disco (Philips 6349-110) fu registrato solo nel 1974. Prodotto da Roberto Santana e Caetano Veloso e montato da quest'ultimo e da Gilberto Gil, l'LP ricevette un trattamento eccezionale fin dal suo aspetto grafico, con la bella copertina doppia la cui impostazione visuale si deve a Rogério Duarte. Non ci fosse stato l'appoggio dei baiani, probabilmente Smetak sarebbe ancor oggi ignorato.
Violoncellista, creatore di musica e di strumenti-sculture ("plásticas sonoras"), a partire dalla combinazione di zucca & corde, Smetak è anche teorico, e ha espresso le sue idee cosmico-musicali in testi e interviste, in un portoghese approssimativo, tra il poetico e il mistico. Sul piano strettamente musicale, camminò, con risolutezza, verso il microtonalismo. Sostiene che tramite la "consciência dos microtons" e dal superamento dell'emozionale si arriverà "à clareza da percepção da diversidade sonora" e alla "ampliação da tônica e sua substituição pelo Som Gerador" e alla "ampliação da série de 12 para 36 sons como uma prática para se obter a conscientização dos valores". In una intervista a Renato de Moraes (1975), dichiarò che la sua ricerca è (intesa a) "separare chiaramente il fare suono, un mezzo per risvegliare nuove facoltà della percezione mentale, e il fare musica, solo un atto consolatorio per le vecchie facoltà della coscienza". In tal senso, "più che il mistero della musica" gli interessa "il mistero del suono".
Sebbene Smetak non si consideri rappresentante di alcuna linea di "contemporâneos e vanguardistas", è impossibile non situarlo nel tempo storico. E nel fare ciò notiamo che, a parte le caratteristiche personalissime del suo lavoro, egli si inserisce in un quadro di preoccupazioni artistiche e spirituali comuni ad alcuni altri maestri moderni che vanno ricercando, attraverso il lavoro sul microtono, di ampliare il nostro orizzonte di sensibilità, rompendo con radicate abitudine auditive e avvicinando l'arte occidentale alle pratiche musicali dell' Oriente.

Questo è il caso del ceco Alois Haba (n. 1893), il grande araldo del microtonalismo come anche i compositori russi Nikolai Obuhov e Ivan Vishnicgradski. In America, il microtonalismo ebbe il suo profeta nel messicano Julián Carrillo (1875-1965), che arrivò a sperimentare con 96 suddivisioni dentro una ottava. Pure Charles Ives (1874-1954), precursore di tanti nuovi linguaggi, non disdegnò il microtono, nonostante non ne fosse un cultore sistematico. Compose tre pezzi che vengono eseguiti su due pianoforti accordati con differenza di ¼ tono (registrati nell'LP Odyssey 32 16 0162). E scrisse sull'argomento un interessante lavoro, "Algumas Impressões obre Quartos de Tom". Un altro americano, Harry Partch (1901-1974), si dedicò àlla composizione microtonale e alla costruzione di strumenti appropriati per una scala di 43 suoni per ottava, tra i quali un armonium ("chromelodeon") e un organo ("ptolemy"), così come cítaras, marimbe e chitarre microtonizzate. Il catalogo Schwann elenca tre LPs dedicati a questa musica che possiamo disperare di vedere rappresentata tra noi.

Gli intervalli minori del semitono sono comuni nella tradizione dei paesi orientali, come l'India, dove sono denominati "srutis". In Occidente, invece, il loro uso è praticamente sconosciuto. Così, se il microtonalismo di Haba, Obuhov e Vishniegradski incontra sostegno nel folclore slavo, impregnato di Oriente, quello dei dissodatori musicali di questo lato dell'Oceano possono contare solo sull'appoggio fornito dalla nostra disponibilità creativa. Ma chi sa se gli artisti di qua, sebbene formati dalla cultura europea, non si sentiranno più orientati alla sperimentazione libera, ritenendosi più distanti dai centri tradizionali? È la tesi di Cage. Ed era già la tesi di Oswald: Antropofagia.

"Fino a che punto le nostre reazioni emotive, le abitudini del nostro udito, le nostre preferenze, ci saranno di aiuto
o non piuttosto di ostacolo?" - si chiede Ives nel suo studio sui quarti di tono. Come Smetak, egli è convinto che quando l'uomo saprà udire i microtoni tradurrà con maggior libertà l'enorme quantità di onde sonore che lo circondano. Ciò gli consentirà di ampliare la sua coscienza spirituale e avvicinarsi maggiormente alla Natura, come chiedeva Thoreau, il filosofo americano citato da Ives e da Cage, che si dilettava con gli arpeggi eolici dei fili del telegrafo nella foresta di Walden.

Fu questa stessa "arpa della Natura" - la melodia continua di un violão esposto al vento, proprio come si sente nella traccia di apertura del primo LP di Smetak, che lo condusse a esplorare il mondo dei microtoni. Quel disco che già ci ha consegnato molte sorprese sonore. Tra queste le improvvisazioni vocali di Caetano - un canto-di-rumori gutturali che non ha parallelo nella nostra musica (popolare o erudita). Nell'insieme, la registrazione funzionava come un grande quadro delle proposte compositive e delle sonorità indagate da Smetak. Per le nostre orecchie sfilarono, per la prima volta, alcuni tra i molti (circa cento) strumenti creati da questo anti-liutaio - insoliti bricolages che spaziano dalla scopa al mobile. I suoni più strani risuonavano nelle cabeças-cabaças (teste-zucche) delle "vinas", "choris" (choro-e-riso), "sóis", "árvores" e "rondas" e percorrevano le corde dissonanti di "peixes", "aranhas" e "constelações".

Ma se in questo primo disco, due tracce, "Sarabanda" e "Preludiando com Joseba" (Joseba = Johann Sebastian Bach) conservano una connessione o una eco della tradizione, nell'LP INTERREGNO - Walter Smetak & Conjunto de Microtone (etichetta FCEB/Marcus Pereira ) Smetak sembra dirigere ancor più il suo lavoro verso il "mistério do som".

L'atomizzazione microtonale si unisce ora all'indagine del "som prolongado", che richiese la partecipazione di un organo elettronico. I macro-suoni sgorganti dall'organo si miscelano alle fibrillazioni sonore dei violões microtonizzati e dei molteplici artefatti strumentali di Smetak. E "confraternizzano" con le quasi-voci dei "boréis" (borés - flauto nordestino, N.d.T. - con bocchino) e dei flauti xavantinas, stabilendo un nesso stimolante con le culture indígene Xingu, più vicine all'Oriente che all'Occidente. Si tratta, in gran parte, di musica improvvisata, che impegna tutto un gruppo, nel quale incontriamo eccellenti músicisti, come Tuzé de Abreu. Una opzione sempre più frequente nella musica erudita odierna, da Cage a Stockhausen.

Il risultato è straordinario. E commovente, se si considera il difficile e solitario lavoro di Smetak, per tanti anni. Vera pulizia cerebrale.

Ci sono musiche per tutti i gusti e per tutti i momenti. Chi pensa semplicemente di coccolare le proprie orecchie, che se ne stia nel "som-nosso-de-cada-dia". Ma coloro che vogliono più sapore e più sapere, non manchino di ascoltare questi extra-suoni che son riusciti scavalcare il blocco informativo degli ascolti di routine. Come ebbe a dire Smetak: "Salve-se quem souber!"

(luglio 1980)